La previdenza complementare
La previdenza complementare è un insieme di strumenti che hanno la funzione di integrare le pensioni erogate dagli istituti di previdenza obbligatoria e di garantire una seconda pensione. Si tratta in sostanza di pagare un po' di più oggi per assicurarsi un futuro più sereno domani, in un contesto e in un periodo storico-politico che hanno scardinato le certezze previdenziali dei cittadini. Vista l'innegabile difficoltà di ottenere dall'Inps una pensione adeguata all'attuale costo della vita, è meglio provvedere al proprio futuro mentre ancora si sta lavorando. Pur trattandosi di iniziative private, le pensioni integrative sono garantite da un organismo di vigilanza che è pubblico, la Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione). Nella categoria della previdenza complementare e integrativa rientrano i fondi pensione aperti, i fondi pensione chiusi e i piani pensionistici individuali.
La distinzione più importante che va fatta per i piani pensionistici integrativi è tra piani pensione individuali e piani pensione collettivi. Quelli collettivi sono frutto di una contrattazione di un gruppo di lavoratori, appartenenti o a una specifica azienda o a una categoria di lavoratori. Possono essere quindi promossi da grandi imprese private in virtù di un accordo contrattuale, dalle regioni o dalle casse professionali private. I fondi pensione individuali, invece, derivano dall'adesione spontanea di un soggetto a un fondo pensione aperto o dalla programmazione pensionistica individuale fatta dal consulente di una compagnia di assicurazioni che si occupa anche del ramo previdenza. Nelle forme di previdenza complementare rientrano anche i vari investimenti fatti dal lavoratore con il proprio tfr (trattamento di fine rapporto), cioè la vecchia liquidazione. I lavoratori hanno il compito di occuparsi personalmente del suo investimento e della sua messa a frutto. Vale in questo caso la regola del silenzio assenso. Chi non ha deciso entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge (nel gennaio del 2007) ha automaticamente accettato di entrare in uno dei fondi di investimento comuni previsti per la propria categoria professionale.
Entrando in un'azienda, si hanno di fronte due possibilità di scelta relativamente al tfr: la prima è lasciare in azienda il trattamento di fine rapporto, che verrà poi, come accadeva prima, restituito alla fine del rapporto lavorativo. Questa scelta va però esplicitata per iscritto al datore di lavoro, altrimenti vale la regola per cui, se non si dà alcuna notifica, il tfr viene destinato ad un fondo di investimento comune della propria categoria professionale. Altrimenti, si può scegliere di affidare il tfr a un fondo pensione, che può essere cambiato di anno in anno. Il tfr può essere dislocato dal datore al fondo pensione in qualunque momento, ma non si può fare il percorso inverso. Una volta inserito nel meccanismo dei fondi pensione, il tfr non può, in nessun caso, tornare in gestione al datore di lavoro.
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