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Italiani fatalisti e poco assicurati

13 ott 2016 | 2 min di lettura

italiani fatalisti e poco assicurati

Gli italiani si assicurano meno rispetto alla media europea

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Non si tratterebbe di una questione di costi bensì di puro fatalismo. Se gli Italiani sono poco assicurati rispetto alla media europea, lo si deve soprattutto a una percezione dei rischi non sempre adeguata o quanto meno consapevole. 

Ad affermarlo è una ricerca realizzata dall’istituto Eumetra Monterosa e promossa da Anra, l’Associazione nazionale dei risk manager e responsabili di assicurazioni aziendali. 

La ricerca si è concentrata su due filoni: da un lato la percezione del rischio nella popolazione italiana, dall’altra l’atteggiamento delle imprese di medie dimensioni verso la gestione e la prevenzione dei rischi, ovvero il “risk management”.

Da un sondaggio effettuato su un campione della popolazione italiana, emerge come per sei persone su dieci (il 59%) sia importante in senso generale prestare attenzione ai rischi. Solo il 41% degli intervistati dichiara di avere nei confronti degli eventi della vita un atteggiamento più fatalista.

Il campione si spacca in due in modo netto sulla scelta di ricorrere o meno alle assicurazioni per la prevenzione del rischio. Nel 48% dei casi la risposta data è stata: “È inutile spendere soldi in assicurazioni tanto quello che deve capitare capita”.

I primi due rischi considerati più probabili per sé e la propria famiglia sono la malattia (abbastanza o molto probabile per l’83% degli intervistati), da affrontare con un'assicurazione salute, e la perdita del potere d’acquisto con conseguente peggioramento del tenore di vita (73%). L’incendio (43%) e la responsabilità civile (49%) si posizionano invece alla fine della lista delle preoccupazioni. Ancora relativamente bassa invece è la percezione dei “nuovi rischi” come ad esempio essere vittima di terrorismo (poco o per nulla probabile per il 53%) oppure l’utilizzo da parte di terzi della propria identità digitale (per il 61%).

Le aziende sono invece più consapevoli dei danni derivanti dalla mancata prevenzione dei rischi. La maggior parte degli intervistati ha pensato o pensa di instaurare politiche di gestione del rischio (84%). Inoltre un terzo delle aziende presenti nel campione ha affermato di temere un aumento dei rischi dopo la crisi del 2008.

Per le aziende che hanno instaurato politiche di gestione dei rischi, le prime tre fonti di preoccupazioni sono nell’ordine: “Danni materiali diretti ai beni”, per il 51% degli intervistati (saliti al 76% dopo il terremoto del centro Italia), la “Responsabilità Civile” per il 43%, che diventa 41% a fine settembre e la “Continuità del Business”, intesa come la capacità di continuare a svolgere la propria attività per il 43%, che diventa 60% nella seconda rilevazione. Solo l’8% teme dei rischi derivanti “dall’ utilizzo di identità digitali”, che rimane al 7% a settembre.

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