Caro carburanti: il problema italiano
16 gen 2023 | 4 min di lettura | Pubblicato da Christian T.
Indetto lo sciopero dei benzinai
Lo sciopero dei benzinai è confermato. Il 25 e 26 gennaio i distributori chiuderanno le pompe, anche quelle self service, in risposta al decreto trasparenza voluto dal governo. Quella in atto assomiglia sempre più a una guerra tra poveri: da una parte gli automobilisti che dal primo gennaio hanno visto alzarsi i prezzi dei carburanti, dall’altra i distributori che non ci stanno a fare la parte dei cattivi e ad essere accusati di speculazione.
Carobenzina, cosa sta succedendo
Tutto è cominciato con l’anno nuovo, quando è terminata la misura del taglio delle accise che ha fatto balzare i prezzi di benzina e diesel fino a 20 centesimi in più al litro, aumenti che si aggiungono all'incremento graduale delle polizze Rc auto. Le tensioni internazionali partite con la guerra in Ucraina a febbraio 2022, avevano fatto aumentare il prezzo del petrolio e di conseguenza della benzina che aveva superato i due euro al litro. La fiammata aveva fatto correre ai ripari il governo Draghi con un taglio straordinario delle accise. Più volte rinnovato di mese in mese, alla fine dell’anno il governo Meloni aveva deciso di farne a meno. Insieme ai botti di Capodanno, la notte del 31 dicembre, anche i prezzi alla pompa sono saltati immediatamente.
Se parte di questi aumenti erano fisiologici visto il ripristino completo delle accise, in molti hanno sospettato i distributori di voler speculare, alzando i prezzi più del previsto (nonostante il prezzo del petrolio sia rimasto abbastanza contenuto a gennaio). Gli organi istituzionali hanno fatto partire verifiche della Guardia di Finanza e alcune associazioni di consumatori hanno fatto depositato esposti alla magistratura per indagare sugli aumenti giudicati eccessivi.
Per cercare di porre un freno alle speculazioni il governo ha varato un decreto che punta a una maggiore trasparenza e prevede, tra le altre cose, l’esposizione in ogni distributore del prezzo medio regionale di benzina e diesel oltre a quello di vendita in quel particolare impianto. Ci sono inoltre obblighi come quello di comunicare le variazioni di prezzo al ministero settimanalmente (nella prima versione era da fare quotidianamente), e multe per chi non rispetta questi obblighi fino alla chiusura per omessa comunicazione dopo quattro mancate comunicazioni nell'arco di 60 giorni. L'eventuale chiusura potrà essere decisa da uno a 30 giorni (nella prima versione del decreto era da sette a 90 giorni). Le sanzioni per omessa comunicazione saranno da un minimo di 200 a un massimo di 800 a seconda del fatturato dell'impianto (prima raggiungevano i 6mila euro).
Lo sciopero
Le misure messe in campo dal governo non sono piaciute alle associazioni di categoria che, neanche dopo un incontro con il ministro delle Imprese e del Made in Italy Alfonso D’Urso, hanno deciso di sotterrare l’ascia di guerra.
"Dall'incontro non sono arrivati elementi migliorativi, anzi semmai sono peggiorate le condizioni", ha spiegato un esponente della Fegica (Federazione Gestori Impianti Carburanti e Affini), mentre dalla Figisc (Federazione Italiana Gestori Impianti Stradali) aggiungono: "Il tavolo ha confermato che per il governo la nostra è una categoria da mettere sotto osservazione con un cartello, come nel Medioevo". Secondo il presidente nazionale di Figisc Confcommercio, Bruno Bearzi "il messaggio che resta è che siamo una categoria da tenere sotto controllo perché speculiamo: lo sciopero è confermato - aggiunge - ma fino all'ultimo momento siamo disponibili a vedere se troviamo margini di manovra".
Questa dunque la situazione che rischia di mettere in difficoltà il traffico stradale italiano per due giorni.
Benzina, un problema mai risolto
Oggi ci troviamo ad affrontare questa nuova emergenza, ma in realtà il problema del costo dei carburanti in Italia ci attanaglia da decenni. L’aggravio di accise e Iva sul costo di benzina e diesel rappresenta praticamente il 50% di quello che paghiamo quando facciamo il pieno. Dall’altra parte alcuni aumenti sembrano del tutto ingiustificati: abbiamo sempre notato di quanto i benzinai siano prontissimi ad alzare il prezzo finale quando il petrolio sale, ma piuttosto pigri a farlo scendere quando il prezzo al barile scende.
La misura del taglio delle accise non è stata rinnovata perché la presidente del Consiglio Meloni l’ha giudicata una misura sbagliata in quanto un taglio così orizzontale premia tutte le classi sociali e finisce per non premiare nessuno (dello sconto beneficiano tanto i ricchi quanto i poveri). Il risultato di tutto questo scambio di accuse è che in Italia si continua a pagare il carburante molto di più che in altri Paesi europei. È così da anni e decreti e scioperi non sembrano migliorare la situazione.
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