Polizza per la reputazione
16 mar 2015 | 3 min di lettura | Pubblicato da Christian T.
Polizze a tutela della reputazione
Danni all’immagine, ci pensa l’assicurazione. Più si usano la rete e gli smartphone, maggiore è il rischio di frodi e utilizzo improprio dei dati anagrafici ma anche di carte di credito e altri mezzi di pagamento. Pertanto assicurare l’identità online e prevenire possibili danni alla propria immagine potrebbe essere la risposta, che si tratti di un cittadino o di una azienda. Sono nati allora nuovi prodotti assicurativi ramo danni a questo dedicati. I costi? Da meno di cento euro l’anno per le persone ad alcune per le società, in base ovviamente alla loro dimensione e fama.
Per i cittadini al primo posto i propri dati
Il 22,3% degli italiani dice di essere stato colpito da un reato su internet. E il timore cresce sui social network dove circa il 13% ha subito una violazione del proprio account di posta elettronica, profilo Facebook, Twitter o altro social network e il 70% si sente esposto a una simile minaccia. I classici esempi sono il furto di password e profili pubblici, la pubblicazione di foto da parte di altri o di una notizia che possa rovinare l’immagine di un privato o il brand di un’impresa.
In Europa si stanno facendo strada dei prodotti mass market applicabili in caso di calunnia, diffamazione, pubblicazione di dettagli intimi più o meno scabrosi su internet fino ad arrivare al classico furto d’identità o all’uso fraudolento di carte di credito. Le compagnie mettono a disposizione assistenza giuridica con massimali che arrivano a 15 mila euro, accompagnamento psicologico, assistenza nel recupero della reputazione, pulizia dei dati diffamatori in internet.
Nella pratica vengono creati degli alert che avvisano il cliente delle citazioni che lo riguardano o degli usi impropri delle sue carte e poi lo si aiuta a capire come fermare o farsi indennizzare dai siti internet dove vengono utilizzati.
Nel caso di danni reputazionali viene anche proposto di “insabbiare” informaticamente le notizie attraverso il cosiddetto “flooding”: degli esperti informatici puntano non a rimuovere le notizie ma a non farle trovare dai motori di ricerca o a farle comparire agli ultimi posti, rendendole meno visibili.
Per le aziende è questione di fiducia
Secondo uno studio “Reputation at risk” condotto sul fronte aziendale da ACE Group nei paesi dell’area EMEA (Europe, Middle East and Africa), ben il 92% delle aziende ritiene che il rischio reputazionale sia la categoria di rischio più impegnativa da gestire.
Oggi il rischio per le aziende non è legato soltanto alle frodi online, acquisti illegali sui siti di e-commerce o simili, ma si è allargato a causa dell’espansione dei social network e dei contenuti generati dagli utenti, alla reputazione e al marchio. E l’immagine di un’impresa, la fiducia che ispira sono asset importanti perché influiscono sulle scelte di acquisto dei consumatori/clienti. Negli Stati Uniti sono corsi ai ripari con prodotti non standardizzati (non li troverete sui siti nell’offerta ai clienti per intenderci), ma fatti su misura per determinate aziende che lo hanno richiesto e per questo piuttosto cari.
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