Stop a benzina e diesel nel 2035, a rischio 600mila posti di lavoro in UE
20 feb 2023 | 3 min di lettura | Pubblicato da Christian T.
L'Italia la nazione più colpita
Dodici anni sembrano tanti, ma il 2035 è dietro l’angolo. Almeno dal punto di vista delle case automobilistiche e di tutto l’indotto delle aziende che fanno capo al mercato delle auto. La scelta dell’Unione Europea è stata perentoria: a partire dal 2035 non potranno più essere vendute auto nuove con motori tradizionali, ma solo elettriche.. A metà febbraio è arrivato l’ok definitivo da parte del Parlamento Europeo che ha messo al bando alla stessa data anche le ibride.
Unica piccola eccezione sono le case di nicchia, che immatricolano meno di 1.000 vetture all’anno che potranno continuare a produrre mezzi ad alimentazione tradizionale, un modo per salvare la Motor Valley dell’Emilia Romagna.
La perdita dei posti di lavoro
Si sono moltiplicati gli studi in questo periodo per cercare di capire l’impatto che tale norma avrà sull’economia europea e sui settori collegati all'automotive, come quello delle assicurazioni auto. Persino il commissario al Mercato Interno e all’Industria UE Thierry Breton ha confermato che ci sarebbero 600 mila posti di lavoro a rischio per l’automotive in Europa: “Non stiamo parlando solo delle grandi case automobilistiche – che sicuramente ce la faranno – ma stiamo parlando dell’intero ecosistema e della produzione di energia elettrica”. Le tante piccole e medie imprese che fanno parte dell’indotto, che producono componentistica, supporti eccetera sono a rischio.
Un nuovo studio sulla “rivoluzione dell'automotive”, presentato da Federmanager e Aiee (associazione degli economisti dell'energia) stima un "crollo degli investimenti per il passaggio all'elettrico: -25% in 10 anni", con "solo nella componentistica, 500 imprese a rischio chiusura, 60.000 posti in meno in Italia".
L’Italia risulterebbe il Paese più colpito tra le nazioni europee produttrici di componenti in termini di riduzione di posti di lavoro, con un -37% di occupazione.
Il tentativo di ritardare la dead line
Da parte della regione Piemonte, è partita un’iniziativa che punta quantomeno a ritardare l’entrata in vigore dello stop. La regione che maggiormente è coinvolta nell’automotive, ha commissionato uno studio attraverso Ires per calcolare l’impatto di questa misura, coinvolgendo poi altre 11 regioni italiane che nel settore hanno forti interessi.
Andrea Tronzano, assessore regionale del Piemonte ha dichiarato: "Non ci aspettiamo cambiamenti epocali su quello che è stato stabilito ma dobbiamo lavorare perché questo 2035 è oggettivamente per il sud dell'Europa una scadenza troppo ravvicinata rispetto alla filiera che abbiamo. Rischia di mettere in crisi tutti". La speranza è che con le prossime elezioni europee previste per il 2026, la nuova maggioranza del parlamento europeo possa rivedere la scadenza.
La situazione è complicata: da una parte c’è la necessità di ridurre l’inquinamento, dall’altra si vorrebbe tutelare un patrimonio industriale consolidato del vecchio continente. Il timore infatti è che molte delle componenti dell’auto elettrica siano di importazione, finendo per favorire Paesi come la Cina che nell’elettrico sono già molto più avanti. La domanda principale resta: è giusto sacrificare l’economia sull’altare della sostenibilità?
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