Sanità, 4,5 milioni di italiani rinunciano a curarsi
15 ott 2024 | 3 min di lettura
“Oggi la vera emergenza del Paese è il Servizio Sanitario Nazionale”. Sono cupi i toni e ancor di più i dati dell’ultimo rapporto della Fondazione Gimbe sulla Sanità italiana. Le risorse sono poche, i medici e gli infermieri scarseggiano. E il peso finanziario sulle famiglie aumenta. Per alcune in modo insostenibile: nel 2023, quasi 4,5 milioni di persone hanno rinunciato alle cure, di cui 2,5 milioni per motivi economici.
E ad aggravare la situazione, spiega il report, ci sono “le inaccettabili diseguaglianze regionali e territoriali, la migrazione sanitaria e i disagi quotidiani sui tempi di attesa e sui pronto soccorso affollati”.
La Sanità tra tagli, Covid ed energia
Il Fabbisogno Sanitario Nazionale (cioè l’insieme delle risorse della Sanità pubblica) dal 2010 al 2024 è aumentato complessivamente di 28,4 miliardi di euro, in media 2 miliardi l’anno. Nel corso degli anni, però, le cifre sono andate in altalena.
Nel periodo pre-pandemico (2010-2019) alla sanità pubblica sono stati sottratti oltre 37 miliardi tra tagli per il risanamento della finanza pubblica e minori risorse assegnate rispetto ai livelli programmati. Negli anni 2020-2022, c’è stato un “recupero” di 11,6 miliardi. Una somma che però, spiega la Fondazione Gimbe, è servita per far fronte al Covid-19, non per rafforzare il Servizio Sanitario Nazionale. Nel 2023 e nel 2024, il fabbisogno è cresciuto di altri 8,6 miliardi. Anche se parte delle risorse sono state assorbite dai maggiori costi energetici.
Meno prevenzione
Rispetto al 2022, nel 2023 la spesa per i “Servizi per la prevenzione delle malattie” si riduce ridotta di quasi 2 miliardi. Cioè del 18,6%. Quello della prevenzione è un problema nel problema, perché concentra appena il 6% delle risorse pubbliche. Alla prese con budget risicati, Regioni e Aziende sanitarie tendono a penalizzare proprio questa voce, perché è fondamentale, ma è differibile rispetto ad altre. “Ma – spiega il rapporto - tagliare oggi sulla prevenzione avrà un costo altissimo in termini di salute negli anni a venire”.
Medici e infermieri cercasi
“Turni massacranti, burnout, basse retribuzioni, prospettive di carriera limitate ed escalation dei casi di violenza stanno demolendo la motivazione e la passione dei professionisti”, sottolinea la Fondazione. Tra il 2019 e il 2022, il Servizio Sanitario Nazionale ha perso oltre 11.000 medici per licenziamenti o conclusione di contratti a tempo determinato. Oltre ai medici di famiglia, alcune specialità mediche fondamentali non sono più attrattive per i giovani medici, che disertano le specializzazioni in medicina d’emergenza-urgenza, medicina nucleare, medicina e cure palliative, patologia clinica e biochimica clinica, microbiologia, e radioterapia. E anche il numero di infermieri è insufficiente: con 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, l’Italia è ben al di sotto della media Ocse di 9,8.
Il peso sulle famiglie
Se la Sanità pubblica arretra, il peso della cura si sposta sulle spalle delle famiglie. Nel 2023, secondo i dati Istat, l’aumento della spesa sanitaria totale (+4,3 miliardi) è stato sostenuto esclusivamente dalle famiglie come spesa diretta (+3,8 miliardi) o tramite fondi sanitari e assicurazioni (+553 milioni). “Le persone – spiega la Fondazione Gimbe – sono costrette a pagare di tasca propria un numero crescente di prestazioni sanitarie, con pesanti ripercussioni sui bilanci familiari. Una situazione in continuo peggioramento, che rischia di lasciare l’universalismo del Ssn solo sulla carta, visto che l’accesso alle prestazioni è sempre più legato alla possibilità di sostenere personalmente le spese o di disporre di un fondo sanitario o una polizza assicurativa”.