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Brexit: gli effetti sull'automotive

4 ott 2019 | 3 min di lettura

Si stima un costo di oltre 5,7 miliardi di euro

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È un documento allarmato e allarmante quello che 26 associazioni europee del settore automotive hanno sottoscritto sotto l’egida dell’Acea, l’associazione dei costruttori europei. Lo spauracchio è la no deal Brexit, cioè l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue senza accordi preventivi definita un sisma per il mondo dell'auto. Una volta tanto a preoccupare non sono le tariffe dell'Rc auto, e il quadro, questa volta, sembra veramente serio e difficile da gestire. Per l'Italia a sottoscrivere il documento ci ha pensato l'Anfia, l'Associazione nazionale della filiera dell'industria automobilistica.

Brexit senza accordi: 5,7 miliardi di euro sulle spalle dei consumatori. Per dare un’idea di che cosa può comportare la no deal Brexit, gli esperti mettono in luce un solo dato che vale per tutti: se la Gran Bretagna esce dall'Ue senza accordi, si passa a un regime sottoposto a tariffe doganali, quelle previste dagli accordi Wto. Ebbene, questo passaggio costerebbe all'industria automotive di Sua Maestà e a quella dell'Ue, oltre 5,7 miliardi di euro; un costo, sottolineano gli esperti, che si scaricherebbe inesorabilmente sui consumatori.

A rischio un settore che occupa quasi 14 milioni di persone in Ue. Proprio per evitare la catastrofe, il documento delle associazioni dell'automotive auspicano che la no deal Brexit non avvenga. In ballo, dicono, c’è la salvaguardia del futuro dell’industria dell'auto europea, un settore che ogni anno produce oltre 19 milioni di veicoli e occupa più di 13,8 milioni di persone, un sedicesimo di tutti gli occupati Ue.

Gran Bretagna, il blocco della produzione costerebbe oltre 54 mila euro al minuto. Secondo il report delle associazioni, in sostanza, se scatta la Brexit senza accordo, a patire sarà l'intero settore automotive, non solo le case automobilistiche ma anche, anzi soprattutto, l'indotto. Ad andare avanti e indietro nei vari paesi Ue, infatti, non sono solo i prodotti finiti, cioè le auto, ma anche la componentistica, quanto di più mobile possa esserci: mettere fine alla libera circolazione di merci tra Ue e Gran Bretagna, dicono gli esperti, porterebbe all'inevitabile interruzione degli approvvigionamenti in just in time, con i componenti che, cioè, arrivano negli stabilimenti di assemblaggio poco prima di essere utilizzati. A rimetterci sarebbero tutti, Gran Bretagna compresa. Perché arrestare i flussi delle forniture determinerebbe blocchi della produzione dai costi pazzeschi: solo per l’industria britannica la stima è di perdere 54.700 euro ogni minuto in cui la produzione venga stoppata.

Sigfrid de Vries: “La Brexit senza accordi va evitata”. In proposito, uno dei pareri più lucidi è parso quello di Sigfrid de Vries, segretario generale Clepa, l’associazione che raggruppa le aziende europee della componentistica. “L'industria automobilistica europea gestisce catene di approvvigionamento altamente integrate. Ogni veicolo è costituito da 30.000 parti, molte delle quali attraversano le frontiere più e più volte - dice de Vries - La Brexit, soprattutto una Brexit senza accordi, risulterebbe gravemente dannosa per l'industria dei fornitori, sia in Europa che nel Regno Unito. Deve essere evitata”. Al suo posto, per un'industria che funzioni, sostiene l'esperto, è di vitale importanza avere un commercio senza attriti e senza tariffe, accompagnato dalla certezza normativa.

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