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L'Iit di Genova studia l'automotive del futuro

4 gen 2019 | 3 min di lettura

L'auto del futuro potrebbe parlare, anche, italiano

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L'auto del futuro nasce anche nei laboratori dell'Iit, l'Istituto italiano di Tecnologia di Morego, a pochi passi da Genova, dove le equipe di ricercatori coordinati dal direttore scientifico Roberto Cingolani, si danno da fare su nuovi materiali. Non sarà tanto la benzina o la tariffa dell'rc auto, dunque, a determinare la rivoluzione dell'automobile.

“Bisogna cambiare l'impatto che la produzione massiccia ha sul sistema. Bisogna ridurre l'enfasi sulle performance, che sono meno importanti, spostando la sfida su un  livello più alto. Tipo: la mia auto consuma di meno, ha ottimi consumi nello start and go”, spiega Cingolani ad Assicurazione.it.

Lui, milanese, 57 anni, grande appassionato di auto, moto (e biciclette), nel campo dei motori dichiara di essere filosoficamente d'accordo con la nuova corrente della slow motion. “Un punto nodale - dice - deve essere il comfort. Devo viaggiare meglio di come starei se fossi sul divano di casa. Non più: ho 300 cavalli sotto il sedere. Piuttosto: faccio 70 chilometri con un litro in assoluta comodità. Le case automobilistiche devono cominciare a compensare le preformance con livelli di comfort eccezionale”.

L'ibrido è intelligente. “L'ibrido è un buon compromesso" - spiega Cingolani - "Se uno riuscisse a percorrere 100 chilometri reali sarebbe ottimo. L'elettrica full è difficile, perché la rete di ricarica non è capillare. E perché, per fare una ricarica piena, bisogna sostare parecchio”.

Intanto l'Iit, nella sede di Morego, ha avviato insieme a Enel e Nissan un progetto pilota di car sharing elettrico aziendale. “Le colonnine di ricarica V2G, vehicle to grid, le colonnine intelligenti insomma, permettono di considerare le e-car come vere e proprie batterie con le ruote, in grado di accumulare e reimmettere in rete l’energia non utilizzata" - spiega ancora Cingolani - "Il tutto grazie alla gestione bidirezionale della carica, disponibile nelle colonnine ma anche a bordo. In parole povere, quando l'auto è collegata alla colonnina per la ricarica, questa restituisce all'ambiente un po' dell'energia succhiata, diciamo così, compensando un picco di richiesta dell'ambiente. Parliamo di un 5% della potenza  richiesta della rete”.

L'Iit e la ricerca sul grafene più resistente dell'acciaio. Una delle ricerche più importanti è quella sul grafene, nuovo nanomateriale con eccezionali proprietà. “È sempre esistito, nascosto all’interno della grafite, la punta di una matita, per intenderci" - dice Cingolani - "Solo nell’ultimo decennio, però, la scienza è stata capace di estrarlo e utilizzarlo come facciamo noi nei laboratori di Morego e nello spin off che abbiamo generato, BeDimensional”.

Il grafene può essere integrato con altri materiali impiegati nella manifattura tradizionale, migliorandone le prestazioni e ampliandone l’impiego. “Questo perché" - sottolinea il manager - "è molto resistente, è il materiale più forte esistente, 200 volte più dell’acciaio, ma anche estremamente leggero e flessibile. Tanto per fare un esempio, rispetto alla fibra di carbonio la resistenza a trazione è circa 20 volte superiore e l'elasticità quasi il doppio. E poi il grafene è considerato oggi il materiale più leggero: un grammo può coprire fino a 2.600 mq".

Col grafene batterie più performanti del 25%. Con il grafene, così resistente e leggero, dopo un lavoro di 18 mesi, l'Iit ha rivestito il nuovo casco di Momodesign, il primo mai realizzato con questo materiale. “Ma visto che il grafene è trasparente e conduce l’elettricità e il calore meglio di metalli come il rame" - specifica Cingolani - "lo possiamo applicare alle batterie, ai contatti. Spalmato su un supporto di rame a formare l’anodo, il grafene garantisce prestazioni del 25% superiori a quelle attualmente ottenibili con i dispositivi in commercio. E poi, non ultimo, la sua produzione ha costi contenuti, con un vantaggio competitivo rispetto alle batterie oggi in commercio”.

Il prossimo passo: cambiare l'elettronica. “Se si arriva all'uso di silicio e grafene insieme, come stiamo sperimentando all'Iit, si ottiene una capacità energetica più elevata rispetto all'attuale ma con un peso minore del dispositivo. In genere le batterie, per avere circa 200 Wh, devono pesare un chilo. Con questi nuovi materiali si possono ottenere anche 1.500 Wh per chilo”, conclude Cingolani.

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